Le mani appoggiate sul capo, gli sguardi orientati e spalancati sul mondo, le urla, sono solo alcuni dei numerosi ed incredibili stati d’ animo che attraversano e caratterizzano, nel loro evolversi,  l’interessante ed innovativo universo artistico e la produzione poliedrica di Paolo Camporota, impegnato prima come sociologo, poi come artista e calatosi perfettamente in questa parte emergente ma la cui amata passione ed attenzione per la ricerca e la realtà sociale non è rimasta celata al pubblico dichiarandosi senza veli nei comportamenti ed atteggiamenti umani dei suoi personaggi pittorici.

L’arte e la psicologia si uniscono e si confondono in un “unicum” pittorico che comunica e giunge allo spettatore, mediante le espressioni forti, inquiete, dirompenti, i gesti diretti, pronti, le azioni decise ed energiche, orientate ad aprire gli occhi sulla realtà odierna, e in seconda istanza a comprenderla nella sua visione più emotiva e talvolta drammatica fino a configurarsi come un prezioso affresco e palcoscenico della moderna e instabile vicenda umana.

Lo studio dei moti dell’ animo che accompagna costantemente la sua opera, a partire dalla definizione dei tratti e delle espressioni dei volti esasperati, conosce in realtà un passato di idee e teorizzazioni in merito che egli tuttavia ha saputo rinnovare dandogli un percorso ed un significato più contemporaneo ed attuale passando e dimostrandosi all’ altezza del più implacabile disegno tedesco, che scolpisce rughe e segni sulla fronte, proprio della tradizione fisiognomica realistica della Germania degli anni 20, sino all’ esasperazione delle proporzioni umane confluendo talvolta in risultati antropomorfi ed eterogenei, memori della pittura misteriosa e fantastica di Max Ernst.

Non meno importante, nella capolavoro artistico di Camporota sembra essere lo spazio e l’attenzione dedicata alla più recente cultura surrealista in cui la definizione dei tratti somatici diventa rappresentazione fisica di un continente interiore agitato e costretto, come i suoi personaggi, da forze e lotte interiori incontenibili ed ancora inesplorate.

Nel vasto panorama della sua produzione artistica trovano posto, accanto a singolari personaggi scaturiti dalla sua fantasia creativa, i riferimenti tipici di chi è ancora fortemente legato alla sua terra d’origine rappresentati dai contadini calabresi, assorti o calati nel loro ambiente di lavoro, e dai paesaggi mediterranei attraversati da suggestivi tramonti purpurei.

La scoperta di un intero e misterioso universo interno all’ uomo si palesa nella definizione dei tratti somatici, nel realismo felino dei denti, tutti abilmente definiti, che a fatica trattengono un furore ed una potenza interiore nel desiderio di trasferirlo fuori dai confini irreali della tela.

Alla malinconia ed alla inafferrabilità degli sguardi sospesi, spalancati, aperti sul mondo contemporaneo e alla fragilità nascosta in essi si contrappongono, come in una lotta, la determinazione e il carattere dominante dei colori contrastanti che spaziano dai blu intensi ai rossi cupi ai gialli vivi e la cui sostanza cromatica è illuminata ed abbagliata da tocchi di luce, da bianchi fulminei, che, come bagliori, si riflettono sulle tempie, sulle vesti quasi metalliche e sintetiche, sulle membra pronunciate ed esasperate.

Il bianco, nella sua veste più pura ed incontaminata dalle vicine profusioni coloristiche si ammira nel suo abito più autentico, solo negli occhi, comunicativi ed espressivi ma racchiusi e trattenuti da una profonda e severa linea nera. E’ in essi, specchio dell’ anima, che si svela l’autenticità dei personaggi scelti dall’ artista nel palcoscenico della sua produzione poliedrica, al di là della cornice tangibile e della maschera caricaturale che li racchiude e li accoglie e dove non possono, ne potranno mai fingere.

Dott.ssa Enrica Pasqua (storico e critico d’arte)

Bergamo, Giugno 2007

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